martedì 2 giugno 2015

Il Rosa e il Rosso - dal quarto canto dell'"Art Nouveau" di Giancarlo Petrella

In nessun luogo germogliano tanti fiori come in un cimitero.
Marcel Proust
ad Ashlee
Non esistono pensieri profondi
ma è lo sguardo che a noi li rende tali;
e con un diverso linguaggio[1] fondi
l'impensabile e la ragione assali.[2]

Schioda la lira onirica[3] ed effondi
ciò che la mente non cura d’apprendere,[4]
e non confidare che mondi e mondi
si susseguiranno al canto presente.

« Noi non siamo le chiocce di conchiglie
che sempre restano avvinte;[5] una forza[6]
ci slega come fra rosee caviglie
e labbra vermiglie che le rafforza.[7]

Pur le nostre tombe, ànima eterna,[8]
resteranno abbrancate oltre 'l dettato
di questo globo;[9] odorerà, discerna
bene, ivi giovinezza,[10] o volto beato. »

[1]Con una nuova poetica. Ndc
[2]Tema ricorrente nell’opera. Ndc
[3]Pindaro, Olimpiche, trad.it. L. Borghi, I, v. 23: «Ma togli, esperta man, dalla parete/Il dorico strumento».
[4]La mente si cura di un mondo di ragioni, in contrasto con le illusioni decantate nell’opera. Ndc
[5]Si parla di un piano irreale, “illusorio”, dato che nel reale il legame fra i gusci delle conchiglie è molto fragile. Ndc
[6]Il tempo. Ndc
[7]Come nel primo canto, è qui presente un velato erotismo: le labbra dell’amante, vermiglie, baciano delle rosee caviglie, si ha così una tonalità diversa dell’incarnato umano. Da qui il titolo del canto; le caviglie sono come "rafforzate". Ndc
[8]Alle leggi del mondo. Ndc
[9]Per i fiori che lì nasceranno, anche se non se ne fa menzione; per il ricordo del loro amore, sempre si odorerà lì giovinezza. Ndc


di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Art Nouveau”
Proprietà letteraria riservata©

nb. Le note segnalate con la dicitura Ndc sono a cura di Nicoletta Pia Rinaldi - Proprietà letteraria riservata©

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