venerdì 14 luglio 2017

Père-Lachaise - dal terzo canto del "Cortese Memorie di un Sogno" di Giancarlo Petrella

Nella notte eterna del cimitero di Père-Lachaise passeggio; dei sampietrini senza nome ho compassione. Quando il rancore muove a vita i fantasmi, da sotto i caldi avelli sento l’inutil peso che l’uomo diede al senso, l’imbellettare e ‘l potenziare una semplice categoria del pensare; un semplice concetto distillato fin le viscere, nel delirio dell’uman cosmo antropomorfizzare. Di fronte alla sofferenza non ne chiedo il perché; nella notte eterna del cimitero di Père-Lachaise passeggio, dei sampietrini senza nome ho compassione.

“Vedere un cimitero è indice d’un attaccamento al passato.” La mancanza d’un senso non traduce un non-senso; chi è cieco, l’oscurità non apprende. In questa funerea valle ogni tomba è un’immagine sbiadita dell’Eterno; ogni tomba custodisce come una giovine vergine il proprio candore, la leggiadria dell’acanto di fronte agli eccitati branchi di cinghiali e delle carogne che intorno divoran tutto – anche se stesse, soprattutto se stesse. I tordi scagliati nel cielo tramontano in un col sole, e la notte dona il cadavere di un colombo consumato da’ corvi: gli uccelli, come li uomini, non giurarono fratellanza. Come un vampiro, dinnanzi una soglia, aspetta l’invito, così, con la medesima solennità, salgo sul gradino che mi conduce più prossimo al regno dei morti; saluto i sentieri degli uomini co’ i loro sampietrini anonimi (lascio l’umanità appesa al delirio), ed entro nelle gemme della terra, negl’inferi bui; è questa un’altra via per la valle sanza alcun volo d’augello, ove dormono gli spirti che sorvegliano i metalli.

Una cripta è aperta. Il sepolto, che fu moralista, che per affetto scrisse quelle cose, trova la propria lapide qui: un ragazzo che seminava gioia. Gli angeli scolpiti osservano e par di vedere, dietro quel riso diabolico, un rancore; sepolto è qui un amore mai giunto alla compiutezza d’un bacio.

Non v’è nell’esistente nulla di più alto d’una promessa; tutto l’altro cadrà, come le piume dall’orgoglio dell’aquila; come dalle lapidi le scritte. La fedeltà non si misura. Aspetto che colui che sogna in questo avello appaia, flebile come ‘l fuoco d’una candela, e rinunci al proprio uffizio. Possa la pietra disciogliersi a causa del calore che emanerà ‘l sole – un futuro per il cosmo non troppo lontano. Se la vita è un imprevisto della materia, ove per caso nacque, per fato nacque la complessità in un picciol globo, per caso nacque la coscienza, ciò non toglie che come il corpo custodisce i pensieri che ‘l fato gli ha affidato, così tale cripta custodiva la malinconia per un amore mai provato; perduto nei ricordi che non sono altro che lapidi più immobili delle iscrizioni che pullulano a Père-Lachaise.



di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Cortese Memorie di un Sogno"
Proprietà letteraria riservata©

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