lunedì 12 ottobre 2015

Dedica - dal quinto canto dell'"Art Nouveau" di Giancarlo Petrella

Questi occhi sembran, mirando, nell’anima
porre l’agognata unità; unità
che a talento nella memoria giace:
volgi la tua bellezza nello specchio,
e beltà trovi, così ognuno volgesi
entro sé e osserva un’ombra di se stesso;
brama che essa sia, che non svanisca.

Similemente a quando sfogli un libro
un sogno ti sfiora, che non sarà mai,
svanisce quali l’emozioni intense;
può lacrimare un uomo in una farsa,
si strazia anche l’attore, ma rimane
pur sempre falso; questa moltitudine
nel proprio io di pensieri non dà un essere.

Persino le lacrime vere alcuna
sostanza non recano, ché mutevoli,
così un’anima su di un’altra adagiasi;
pur li occhi da me venerati – accendono
più ricordi che le cose vissute –
fermano l’oblio, come un canto, e recano
l’unità perduta, che l’uomo agogna.

Tu, che ti specchi nel bianco di queste
tombe, per la tua bellezza, appari Una:
la luce si divide, ma una luce
pur rimane così il tuo sguardo smembrasi
fra cose diverse da te, ma sempre
rimane a sé simile, imperturbabile:
ti reca il vero essere, la bellezza.


di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Art Nouveau”
Proprietà letteraria riservata©

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