lunedì 17 luglio 2017

Ode alla veste - dal quarto canto del "Cortese Memorie di un Sogno" di Giancarlo Petrella

Ordito d'amore, leggiadro deserto,
cremisi stivali accesi viventi
che ti sfiorano,
fortunata,
eccelsa Veste, dorata finissima
come le sue sovracciglia nere, concedimi
del sacro segreto l'emanazione; innanzi
ai suoi occhi come un infante ‘l sole piange:
dopo la morte degli Dei
Lei sola vive.

Beffeggio al declino; libera, mira
i liberi petali e in una morte de la natura
fragili per un poter sotteraneo, dissonanti
a Dei, che questi necessari li rese la ragione,
non difetta la lor possanza;
tuttavia invoca, come il sogno
un ricordo, il pensiero un mondo,
il sonno un tempo,
la necessità de la sua bellezza
la Dea libertà.

I pensieri, gelidi cadaveri,
non han valore, è lo sguardo
a donargli l’aurora; e quando
declina l'arditezza vana
di conchiudere il vero, altro
più elevato, una dorata veste,
mostrasi al tramonto del pensiero;
ben conosci e senti di essere oltre ‘l mondo,
compiacente d'esser l'eletta al creato tutto.

Dorata Veste, da lei inscindibile
come 'l sole e lo splendere,
come Narciso e la fonte,
simboleggi, col tuo velare
e svelare, l'arditezza dell'alta fantasia;
immaginazione che copre,
come un velo splendido tessuto
prima dei tempi, la verità ultima,
il cui sangue è 'l sogno,
ed il suo nome: Bellezza.

Sacra Veste, che la sostieni, dal globo
allontanala; concedi che conosca
io per quale ragione le ere cadano,
e cadano i pensieri loro l'un all'altro
fra l'odio come forze primordiali,
cadano i nostri nomi, ma la bellezza,
l'unico pensiero prettamente abissale,
rimanga accerchiato fra labbra
dal sangue sigillato, imperituro,
nel suo sorriso.


di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Cortese Memorie di un Sogno"
Proprietà letteraria riservata©

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