lunedì 18 gennaio 2016

Envoi - Ezra Pound

Vai, libro nato muto,
di’ a lei che mi cantò una volta quel canto di Lawes:
se avessi solo 'l canto
come altre cose non ignorato,
ci sarebbe ragione pur per perdonare
ogni mio sbaglio che menzogna pesava su di me;
eternando le proprie glorie.

Di’ a lei che getta
dei tesori nel libero spazio,
curando nient’altro che le grazie diano
vita al momento;
vorrei offrirle il vivere
delle rose, nella magia dell'ambra avvolte;
rosse intrise con l'arancio e composte tutte quante
da un’unica sostanza ed un unico colore,
sfidando 'l tempo.

Di’ a lei che cammina
col canto sovra 'l suo labbro
non cantandolo, non conoscendo
il creatore di esso, che un'altra bocca,
forse bella come la sua,
potrebbe, in una nuova era, trovarle adoratori,
quando le due nostre pietre saranno con quella di Waller deposte,
strato su strato nell'oblio,
finché il mutamento avrà disgregato tutto,
eccetto che la Bellezza solo.

traduzione di Giancarlo Petrella,
Proprietà letteraria riservata©

testo originale
Envoi
[da HUGH SELWYN MAUBERLEY]

Go, dumb-born book,
Tell her that sang me once that song of Lawes:
Hadst thou but song
As thou hast subjects known,
Then were there cause in thee that should condone
Even my faults that heavy upon me lie,
And build her glories their longevity.

Tell her that sheds
Such treasure in the air,
Recking naught else but that her graces give
Life to the moment,
I would bid them live
As roses might, in magic amber laid,
Red overwrought with orange and all made
One substance and one colour
Braving time.

Tell her that goes
With song upon her lips
But sings not out the song, nor knows
The maker of it, some other mouth,
May be as fair as hers,
Might, in new ages, gain her worshippers,
When our two dusts with Waller’s shall be laid,
Siftings on siftings in oblivion,
Till change hath broken down
All things save Beauty alone.

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