giovedì 6 luglio 2017

La penna che cadde - dal quarto canto del "Cortese Memorie di un Sogno" di Giancarlo Petrella

Dall'oscura sotterra il fabbro ai demoni
si diletta col parlare, del ferro
sciamano, degli inferi araldo, al collo
tien gli spirti e i gravi diletti apprende.

Il sapere sul singolo è ignoranza,
l’universale è un perire, non altro,
sciocca la volontà di conoscenza,
memora: ciò che apprendiamo cadrà,
tutto dileguasi, rimane solo
tal sensazione certa di tristizia;
ché la coscienza non riceve l’essere,
ma il tramonto delle cose, rifletti;
fugge, fugge l’ora che ci persuase
che eravamo vivi; orrido l’abisso
spalanca le fauci dacché cadremo.

La gravità è presente sicché cadde
la penna regalatami; tal lieve
evento serberà l’idea del giorno
come il tappo scalfito il dolce viso.


di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Cortese Memorie di un Sogno"
Proprietà letteraria riservata©

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